Amigdala e memoria episodica
emozionale
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 13 ottobre
2018.
Testi
pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di
Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Nel
Novecento vigeva una rigida separazione fra lo studio della memoria in senso
cognitivo, originato dalla valutazione dei disturbi amnesici e dismnesici in seno alla neurologia mediante una branca
specializzata, ossia la neuropsicologia, e lo studio delle memorie affettive ed
emozionali, che costituiva oggetto proprio della psichiatria e,
particolarmente, della psicopatologia di impronta psicodinamica. L’enorme
crescita del patrimonio di dati e nozioni neurobiologiche e neurofunzionali sui
processi alla base delle esperienze registrate e rievocate ha mostrato
l’artificiosità di questa separazione, giustificata dai due differenti approcci
e scopi delle origini, ma attualmente senza più alcuna ragione d’essere. Per
questo, lo studio psicologico delle memorie emozionali non è più limitato alla
dimensione del mentale ma è sempre più orientato, come quello di altre branche
neuroscientifiche, verso la definizione delle basi cerebrali della fenomenica
comportamentale osservabile.
Un settore
importante di questa ricerca ha esplorato negli anni recenti l’interazione fra
memoria episodica ed esperienze caratterizzate da qualità affettive ed
emozionali. In particolare, vari studi hanno indagato l’influenza sulla
capacità di ricordare e sull’efficienza della rievocazione. È emerso che eventi
e stimoli connotati negativamente in
senso affettivo-emozionale sono ricordati meglio di eventi e stimoli privi di
particolari qualità o neutri. Questo
dato, considerato ormai come una nozione acquisita, è convenzionalmente
definito enhanced remembrance.
Un’altra nozione stabilita da innumerevoli verifiche sperimentali è quella che
riguarda elementi neutri che,
presenti nell’ambiente sperimentale in cui i soggetti osservati sono esposti ad
esperienze negative, acquisiscono una valenza
negativa per questi soggetti (acquired negativity). La scoperta, tutt’altro che semplice, dei
meccanismi neurali che mediano il rinforzo del ricordo da parte delle emozioni
negative, e che conferiscono valore negativo ad elementi neutri associati, si
ritiene che possa avere rilevanza clinica nel contesto della fisiopatologia e
del trattamento dei disturbi da trauma psichico, quale il disturbo post-traumatico
da stress (PTSD).
Per
cercare di far luce su tali meccanismi, Admon e
colleghi hanno condotto uno studio mediante risonanza magnetica funzionale
(fMRI, da functional magnetic resonance imaging) per
esplorare, nel cervello di volontari sani, l’attività neurale connessa con le
esperienze di miglioramento della prestazione rievocativa da parte di contenuti
affettivi spiacevoli, e con l’acquisizione di valore negativo da parte di
elementi neutri. In particolare, i ricercatori israeliani hanno focalizzato
l’attenzione sui sistemi dell’amigdala.
(Admon R., et
al. The role of amygdala in
enhanced remembrance of negative episodes and acquired negativity of related
neutral cues. Biological Psychology –
Epub ahead of print doi: 10.1016/j.biopsycho.2018.09.014., 2018).
La provenienza degli autori
è la seguente: Department of Psychology, University
of Haifa, Haifa (Israele); Sagol
Center for Brain Function and Informatics, Wohl Institute for Advanced Imaging,
Sourasky Medical Center, Tel Aviv (Israele); Department of Psychiatry, Rambam Medical Center,
Haifa (Israele); School of Psychological Science,
Faculty of Medicine and Sagol School of Neuroscience,
Tel-Aviv University, Tel Aviv (Israele).
Per
introdurre l’anatomo-fisiologia del complesso nucleare amigdaloideo,
si riporta il brano seguente:
“L’amigdala o corpo nucleare amigdaloideo[1] è un agglomerato nucleare pari e simmetrico
grigio-rossastro a forma di mandorla del diametro di 10-12 mm, situato nella
profondità dorso-mediale del lobo temporale, in prossimità topografica della
coda del nucleo caudato, ma non collegata fisiologicamente al controllo motorio
e procedurale dei nuclei del corpo
striato. L’amigdala, da una
parola greca che vuol dire mandorla,
occupa la parte anteriore del giro paraippocampico e
la parte iniziale dell’uncus,
sporgendo davanti al corno di Ammone. Descritta in anatomia con i nuclei della
base telencefalica, al suo interno è composta da agglomerati di pirenofori che
formano una dozzina di piccoli nuclei classificati in vario modo, anche se più
spesso ripartiti in tre aree: amigdala laterale (AL), amigdala centrale (AC) ed
amigdala basale (AB). In neurofisiologia l’amigdala è tradizionalmente
considerata parte del sistema limbico
ma, come è noto, la concezione di Paul McLean secondo cui l’insieme delle aree
filogeneticamente più primitive costituiva una unità funzionale, detta anche cervello emotivo, è venuta a cadere nel
tempo e l’amigdala è stata indagata spesso separatamente o nei suoi rapporti
con aree neocorticali. Anche se negli ultimi decenni è stata studiata
soprattutto in relazione alla paura e
all’apprendimento della paura
condizionata, i suoi sistemi neuronici intervengono in una gamma
considerevole di processi, quali quelli relativi al conferimento di valore d’affezione a stimoli percettivi,
alle associazioni con stimoli sessuali,
alle risposte di attenzione motivata
in chiave di interesse edonico o di allerta e di allarme. Inoltre, come faceva rilevare il nostro presidente,
numerosi studi suggeriscono che questo complesso nucleare, con le sue estese
connessioni, svolga un ruolo critico nella regolazione di vari comportamenti cognitivi e sociali, oltre che affettivo-emotivi”[2].
Torniamo
ora allo studio qui recensito.
Un
campione costituito da 49 soggetti adulti volontari privi di disturbi o
patologie rilevabili è stato sottoposto, da Admon, Hendler e colleghi, ad un nuovo compito per questo ambito
sperimentale. La prova implicava la presentazione di immagini neutre prima e
dopo una serie di brevi video-clip, sia neutri che dai contenuti spiacevoli (aversive), dai quali erano state
estratte in precedenza le immagini neutre. Successivamente, i ricercatori
proponevano una presentazione di queste immagini quali stimoli per la
rievocazione del video-clip. L’intera procedura è stata denominata “Compito
PCPR” (Picture-Clip-Picture-Recall).
I
risultati rilevati mediante l’osservazione comportamentale indicano che 1) i
video dai contenuti negativi, come ci si attendeva, erano stati ricordati
meglio di quelli dai contenuti neutri, secondo la nozione di ricordo più dettagliato degli episodi negativi; 2) le immagini neutre
“a priori” che apparivano nei video dai contenuti spiacevoli erano considerate
più negative dopo aver visto quei video, secondo il principio della negatività acquisita dallo stimolo neutro
per associazione di contesto. Parallelamente a questi rilievi, che
sostanzialmente ricalcano l’andamento delle prove degli studi precedenti, l’analisi
morfo-funzionale in vivo mediante
fMRI dell’intero cervello (whole brain fMRI analysis) ha rivelato un’accresciuta attivazione dell’amigdala in risposta ad immagini, quando
queste erano presentate come stimoli per la rievocazione dei video,
particolarmente per quelli dai contenuti negativi: tale attivazione
dell’amigdala prevedeva la rievocazione efficace e corretta da parte dei
volontari. Inoltre, questa attività accresciuta dei sistemi amigdaloidei era
anche strettamente correlata con la dimensione della negatività acquisita degli
stimoli visivi a seguito della loro apparizione nei video dai contenuti
spiacevoli.
Nell’insieme,
i risultati ottenuti da Admon e colleghi in questo
studio, per il cui dettaglio si raccomanda la lettura del testo integrale
dell’articolo originale, validano il nuovo sistema PCPR come un nuovo strumento
efficace per indagare l’interfaccia neurale della memoria episodica emozionale,
e propongono prove di un ruolo centrale dell’amigdala, sia nel ricordo più
dettagliato degli episodi negativi, sia nell’acquisizione di valore negativo da
parte di immagini neutre.
L’autore
della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e
invita alla lettura delle recensioni
di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito
(utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni
Rossi
BM&L-13 ottobre
2018
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BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è
registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in
data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica
e culturale non-profit.
[1] L’esposizione che segue è tratta
da un brano di una relazione tenuta nel 2010 dal presidente della Società
Nazionale di Neuroscienze (si veda in Note
e Notizie 20-11-10 Basi cerebrali della psicopatia, un disturbo ignorato dal
DSM – quarta parte).
[2] Si veda in Note e Notizie 10-09-11 Amigdala più grande nei figli di donne depresse.